Rischi Paese e Settoriali Coface – Giugno 2025: il “grande salto all’indietro” dell’economia mondiale

Secondo Coface, l’economia globale entra in una fase di rallentamento marcato: dazi, tensioni geopolitiche e crisi industriali ridisegnano il rischio Paese e settoriale.

6/27/20253 min read

2025: tra recessione evitata e tensioni crescenti

Il Coface Risk Review di giugno 2025 delinea uno scenario di instabilità globale senza precedenti.
Le politiche commerciali aggressive del Presidente Trump e il riaccendersi delle tensioni in Medio Oriente creano un contesto di “guerra dei dazi e incertezza strutturale” che minaccia la crescita per il biennio 2025-2026.

📉 Coface prevede una crescita mondiale del 2,2% nel 2025 e del 2,3% nel 2026, con rischi prevalentemente al ribasso.
L’eventuale reintroduzione dei dazi statunitensi dopo la sospensione di luglio e agosto potrebbe far scendere la crescita globale sotto il 2%.

Il nuovo protezionismo americano

Gli Stati Uniti restano il fulcro del rischio sistemico.
Dopo i dazi del 2024, la nuova amministrazione ha introdotto tariffe fino al 50% su acciaio e alluminio, colpendo partner chiave come Canada, Messico e Unione Europea.

Nonostante la contrazione del PIL nel primo trimestre (-0,2%), l’occupazione regge e l’inflazione si attesta intorno al 4%.
Il vero rischio, secondo Coface, risiede nella perdita di fiducia internazionale e nell’imprevedibilità della politica commerciale USA.

L’Europa tra stimolo e consolidamento fiscale

Nel vecchio continente, la situazione è a macchia di leopardo:

  • Germania mostra un rimbalzo tecnico grazie a investimenti e export.

  • Francia resta debole, frenata da consumi stagnanti e incertezza politica.

  • Italia perde slancio a causa della dipendenza dal mercato statunitense.

  • Spagna mantiene una crescita sopra la media europea (2,6%), sostenuta da turismo e fondi UE.

Ma l’Europa affronta una sfida strutturale: competitività in calo e scarsa coesione politica.
Coface segnala che l’avvio di politiche di austerità e consolidamento fiscale in alcuni Paesi potrebbe accentuare il rallentamento.

Emergenti in prima linea: tra shock commerciali e riforme

Nei Paesi emergenti, gli effetti dei dazi e delle tensioni geopolitiche si fanno sentire con forza.

🇨🇳 Cina

L’accordo temporaneo con gli USA ha portato a un boom di esportazioni nel primo trimestre, ma l’effetto “front-loading” — anticipazione delle spedizioni prima del ritorno dei dazi — è destinato a esaurirsi.
Il settore immobiliare resta un freno strutturale e la crescita attesa per il 2025 è del 4,5%.

🇮🇳 India

Con una crescita sopra il 7% nel primo trimestre, l’economia indiana resta tra le più dinamiche, ma consumi e investimenti privati rallentano dopo l’aumento della spesa pubblica pre-elettorale.

🌎 America Latina

  • Messico è la principale vittima del nuovo protezionismo USA: crescita zero nel 2025 e forte vulnerabilità del settore manifatturiero.

  • Brasile paga il prezzo della politica monetaria restrittiva (tasso Selic al 15%) dopo il rimbalzo agricolo.

  • Argentina, trainata dal piano “Mileinomics”, resta l’eccezione positiva: +5% nel 2025, +3,5% nel 2026.

Il caso Canada: la prima vittima collaterale

Con il 75% delle esportazioni dirette verso gli Stati Uniti, il Canada subisce gli effetti più pesanti dei nuovi dazi.
Dopo una ripresa nel 2024, la crescita rallenta bruscamente:

  • disoccupazione al 6,9%, il livello più alto dal 2017;

  • esportazioni in calo da aprile 2025;

  • settori automotive e metallurgico tra i più colpiti dalle tariffe al 50%.

La revisione anticipata dell’accordo USMCA (attesa a fine 2025) potrebbe accentuare l’instabilità economica.

Metalli e acciaio: il settore più colpito nel 2025

Il comparto metallurgico è il grande sconfitto del 2025:

  • Coface stima 600 milioni di tonnellate di sovraccapacità mondiale di acciaio, pari al 25% della produzione globale.

  • L’eccesso produttivo cinese, l’aumento dei costi energetici e le nuove barriere commerciali stanno minando la redditività dei produttori, soprattutto in Europa, Canada e Messico.

Il metallo è infatti il settore più penalizzato nel Coface Risk Review, con 8 declassamenti su 23 totali.

Energia e petrolio: equilibrio precario

Il conflitto Israele-Iran e gli attacchi a infrastrutture petrolifere alimentano timori sui mercati.
Un blocco dello Stretto di Hormuz (da cui transita il 20% della fornitura globale) potrebbe far salire il prezzo del petrolio oltre i 100 dollari al barile.

Tuttavia, in assenza di shock maggiori, Coface prevede un prezzo medio compreso tra 65 e 75 dollari al barile nel prossimo anno e mezzo, grazie alla crescita dell’offerta non-OPEC+ (USA, Brasile, Canada, Guyana).

Le nuove mappe del rischio Coface

Nel suo aggiornamento trimestrale, Coface ha:

  • declassato 4 Paesi: Malesia (A4), Romania (B), Singapore (A3), Thailandia (B);

  • declassato 23 settori e migliorato solo 5.

Tra i peggioramenti più significativi:

  • ICT e Retail negli USA;

  • Tessile-Abbigliamento e Carta in Cina;

  • Automotive e Chimica in Europa.

Le uniche revisioni positive riguardano comparti agricoli e dell’energia in economie più resilienti come Argentina, Austria, Cile e Sudafrica.

Conclusione: l’incertezza come “nuova normalità”

Secondo Jean-Christophe Caffet, Chief Economist Coface, il 2025 rappresenta “un grande salto all’indietro” per l’economia globale:

“L’ideologia ha prevalso sulla razionalità economica. La nuova ondata di dazi e l’instabilità politica stanno frammentando la globalizzazione e accentuando il rischio di default aziendale.”

Per le imprese, questo significa operare in un contesto dove:

  • i rischi di credito aumentano,

  • la crescita è più fragile,

  • e la gestione assicurativa e informativa del rischio commerciale diventa essenziale per proteggere i flussi di cassa.

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